A cura di Montagnard
Fonte: www.artemuda.it
La piccola Salbertrand punta sull'arte ed evoca i nomi dei giganti della storia del teatro da Peter Brook a Tadeuz Kantor, da Stanislavskij ad Antonin Artaud. Parrebbe essere utopia, ma a ben guardare la storia delle rivoluzioni che hanno rivitalizzato l'arte dell'attore ci accorgiamo che questa è passata fuori dai palcoscenici dei teatri all'italiana, per attingere alle esperienze più disparate e alla vita che scorre fuori dalla cosiddetta cultura "alta" che oggi si produce e si promuove solo attraverso il tubo catodico dell'elettrodomestico più odiato ma più utilizzato in ogni casa. Così è nato a Salbertrand un laboratorio permanente di ricerca teatrale, tenuto dalla Associazione Culturale ArTeMuDa di Torino, che si propone di scavare nella cultura locale attraverso un approccio di tipo antropologico.
L'espressività essenziale del teatro povero |
Il laboratorio di Salbertrand conduce ricerche di tipo storico e antropologico sul lavoro contadino e sulla cultura dell'Alta Valle di Susa, incontrando quelli che Renato Sibille definisce "gli altri nostri grandi maestri: gli abitanti del posto che custodiscono il sapere di una terra e i suoi gesti".
Immagini di vita montanara nell'alta Valle di Susa |
E' proprio sul gesto che si concentra essenzialmente la ricerca. Quel gesto del mondo contadino che perdendosi porta con se le parole che non hanno più ragione di essere dette perché narrano, descrivono, chiamano quel gesto che produce un lavoro. Il lavoro duro della vita quotidiana ormai lasciata alle spalle, ma ancora presente nella carne e nella memoria di persone eccezionali in grado di trasmettere l'essenza di quella vita e di quel mondo. Un teatro occitano dunque? No - ci spiega Renato Sibille - un teatro che guarda al mondo occitano e alla sua identità e attraverso questo, compresa la sua lingua, il patouà, vuole comunicare in pari dignità con il mondo delle differenze e delle diversità, contro ogni globalizzazione.
La visione teatrale del gruppo nasce dal teatro povero del grande regista polacco Gerzi Grotowski, un teatro povero sì di mezzi ma, soprattutto, povero di elementi non indispensabili all'accadere teatrale che spesso appesantiscono la scena e portano lo spettatore a sonnecchiare, annoiato da parole e gesti buttati via, privi di vita e di un perché. Il teatro povero non può fare a meno di due sole cose: i corpi dell'attore e dello spettatore, tutto il resto non è essenziale alla scena.
Bambini della zona di Exilles, ritratti lontani nel tempo |
Una parte fondamentale del lavoro è costituita dall'incontro con gli abitanti del posto, considerati alla stregua dei grandi maestri poiché custodi del sapere di una terra e dei suoi gesti. È proprio sul gesto che si concentra essenzialmente la ricerca; quel gesto del mondo contadino che perdendosi porta con se le parole che non hanno più ragione di essere dette perché narrano, descrivono, chiamano quel gesto che produce un lavoro. Il lavoro duro della vita quotidiana ormai lasciata alle spalle, ma ancora presente nella carne e nella memoria di persone eccezionali in grado di trasmettere l'essenza di quella vita e di quel mondo.
Il laboratorio é aperto a tutti e si svolge a Salbetrand (TO) presso la Sala Polivalente.
Per informazioni: 335-7669611 oppure scriveteci una email a artemuda@yahoo.it
Nessun commento:
Posta un commento