Orizzonte cucito sopra ad una creatura schiva ma curiosa,
attenta ad ogni piccolo dettaglio,
lontana e vicina...
Linea rocciosa sfuggente,
crinale indefinito,
loro corrono su questo etereo confine, ancora invisibili
Presenze che aumentano di numero, ancora sottili, indecifrabili all'occhio, ma spingono a cercare, nel tentativo di raggiungere
E si scorgono a decine, nel pascolo dell'altura, nella solitudine selvaggia, libera di un vallone per fortuna dimenticato dall'uomo
Solo sfuggendo alla tentazione della corsa, adattandosi alla lentezza ed alla pace, sconfiggendo ogni fretta, accogliendo il silenzio, si arrivano quasi a toccare, quasi ad abbracciare...
Solitario, un capobranco scruta il limitare del suo territorio, non si mescola ai suoi simili che per pochi istanti nell'intera giornata, attende l'uomo e pare volerlo sfidare
Veloci risalite, quell'agilità sui pendii che noi possiamo solo sognare
Ancora più vicino, fin quando riusciamo ad incontrare le nostre pupille, e dentro c'è solo selvaggio, profonda dolce inaccessibilità della natura
E poi l'inevitabile esodo, l'allontanamento necessario dall'uomo, dentro alla pancia della montagna, scivolando da salti vertiginosi e scuri, dove solo loro sanno vivere
Leggerezza e potenza della corsa verso il rifugio, verso una nuova solitudine, lontani dall'inquietante presenza dell'essere umano
Separato dal branco, spinto verso valle dal rumore della mia discesa, scruta impaurito. Lo perdo d'occhio e proseguo. Di lì a poco quattro spari secchi, un mercoledì di caccia autunnale. Provengono da quel canalone dove ci siamo incontrati per l'ultima volta.
FINE
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